Ovviamente, è dirimente di molti problemi lo stile che scegliamo per affrontare il Trail. Chi vuole “vincere” sa già che non dormirà o al massimo si concederà un paio d’ore si e no buttato su una panchina o in terra, mangerà barrette mentre pedala, al bar si fermerà forse solo per bere caffè e acqua, un panino. Viaggerà leggero con la bici leggera, giusto un borsino con la giacca antivento e una camera d’aria, e tasche per barrette e integratori. D’altronde, così facendo chiuderà il TT in meno di due giorni, e tutto si gioca sulla velocità, sul ritmo: si tratta di concludere giusto un attimo prima che arrivi lo sfinimento, e l’adrenalina della “gara” è una vera bomba finché dura, che fa mobilitare tutte le energie fino all’ultima stilla. In fondo, così è tutto più semplice, ma molto rischioso: o il successo o la rovina. Chi ha gambe se lo può permettere, ma sono in pochi, forse l’un per cento, e sono atleti veri o lo sono stati. Li identifichi subito, già allo start schizzano a 35 all’ora e non li vedi più, solo la foto dell’arrivo postata sul social. Tutti gli altri impiegheranno più di tre giorni, qualcuno cinque o sei e questi ultimi avranno in effetti pochi problemi, avendo di fatto scelto di fare i cicloturisti. A questo proposito, ricordo ancora divertito quando al primo TT un partecipante barbuto, scavalcando un muro di pietroni nelle cave di marmo di Carrara, ruppe inavvertitamente il barattolo dei cetrioli sottaceto che aveva stivato in una borsa enorme insieme a mille carabattole.