Maledetta primavera, ci vuole ancora tanto? Maledetto virus, perché non cessi di esistere?
Da queste parti l’inverno non è malaccio, ma non del tutto adatto all’attività ciclistica. Io abito a Bassano del Grappa, ai piedi delle Prealpi Venete, dove tra un capannone e l’altro iniziano tra le più belle salite della regione.
Da dicembre a marzo mi trovo spesso in preda al dilemma di non riuscire a decidere che giro fare, visto che le opzioni sono molteplici ma presentano tutte delle problematiche. Vallate in ombra e controvento, massicci montuosi che vanno ampiamente sopra i 1000 metri di altitudine, mangia e bevi tra colline ghiacciate e i drittoni della Pianura Padana.
Di solito prediligo la montagna. La pace che si trova lassù è imparagonabile, ma di sicuro questo freddo non facilita la scelta soprattutto per come si preannuncia la discesa.
Questo inverno verrà sicuramente ricordato come il periodo delle abbondanti nevicate ma delle scarse sciate. Ogni volta che guardo a nord, verso il Grappa, rimango affascinato nel vederlo coperto di bianco e puntualmente mi passa per la testa l’idea di salirci.
Oggi è un giorno di quelli, un sabato mattina di febbraio con un cielo limpido e senza nuvole. La temperatura è talmente bassa che non c’è umidità nell’aria e le gocce di condensa solidificate sul vetro di casa brillano, riflettendo i raggi di sole mentre apro la finestra. Eccolo lì il Grappa, irradiato dalla luce del mattino, così nitido da poter vedere la cima con il suo ossario. Il suo richiamo è forte e tutto sommato la giornata sembra perfetta. Decido di prendere la gravel, riempire la borsa telaio con vestiti di ricambio e prepararmi a partire senza troppi tentennamenti. Finalmente a zonzo! Come al solito l’aria è fredda ma il sole è piacevolmente tiepido: si preannuncia una salita inizialmente calda quindi apro la giacca per evitare un’eccessiva sudorazione. Ed eccomi qui, dopo nemmeno 15 minuti, a superare il primo dei vari tornanti della strada Cadorna, che dopo 25 chilometri conduce fino in cima al Grappa.